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Prefazione

Io non sono un alpinista ma scrivere un libro che voglia esprimere concetti e pensieri non precisamente ortodossi credo che sia un po’ come scalare una montagna. Ogni professionista della scalata sa che può superare un certo grado di difficoltà quindi sa bene che se non riesce ad arrivare alla vetta la colpa non è della montagna. Altrettanto per chi si impegna a trasmettere pensieri non ortodossi se non viene compreso significa che non è riuscito ad essere chiaro o che non ha trovato la giusta gradualità per esprimersi. Mi piace comunque correre questo rischio anche perché da tanti anni ho fatto mio il motto del grande Osteopata Harrison Herbert Fryette “ osa essere diverso in così tanti preferiscono essere ortodossi piuttosto che giusti”.   

Perché scrivere un libro su ciò che lega la nostra postura, il nostro modo di muoverci, all’atteggiamento e alle emozioni?

Il movimento, lo sport, l’attività motoria, sono sempre stati la mia passione, la pratica delle arti marziali e la frequentazione critica dell’ambiente delle arti orientali hanno sviluppato in me la curiosità e la voglia di approfondire quei legami che le arti orientali e non solo descrivono da sempre.

Più cercavo di approfondire e più mi rendevo conto di una netta separazione tra il “sapere ufficiale” e quello così detto “alternativo”. 

Dentro di me, più o meno consapevolmente, percepivo il fascino dell’ambiente alternativo, che spesso fondava il suo appeal sul mistero o sul mistico, ma questo andava inevitabilmente in conflitto con la sicurezza che la scienza ufficiale così ingegnerizzata e matematica poteva dare.

La mia ricerca allora si è indirizzata a cercare di comprendere perché i due ambienti non potessero coesistere, colloquiare e far parte di un sapere unico, una ricerca che esigeva l’avvicinamento agli aspetti filosofici della scienza, un ritorno all’antico quando scienza e filosofia erano facce di una stessa medaglia.

Ad un certo punto del mio percorso mi sono reso conto che quello che avevo dato per certo, perché scientificamente supportato, poteva essere messo in dubbio e questo mi ha messo in crisi, ha messo in crisi le mie certezze.

Perché avrei dovuto dubitare della scienza? Non riuscivo a comprendere come si potessero mettere in dubbio i concetti matematici e fisici che per me erano una certezza. Lo studio di aree diverse dall’ambito scientifico e soprattutto la pazienza di dare il tempo alle mie idee, alle mie conoscenze, di sviluppare un nuovo modo di guardare alle cose, ha fatto crescere in me uno spirito critico molto più sensibile e forse evoluto. La Filosofia pone il dubbio come premessa nella ricerca della verità e altrettanto la scienza fonda la sua ricerca sul dubbio, si afferma infatti che la scienza non è un insieme di verità dogmatiche, ma un processo continuo di indagine, raffinamento e correzione delle conoscenze. Quindi sia la filosofia che la scienza utilizzano in maniera costruttiva il dubbio al fine di ottenere la verità ricercata. Mi chiedo però se si può utilizzare lo stesso ragionamento utilizzato verso la Filosofia e la Scienza, sulla comunità scientifica. Quanto influiscono le debolezze e fragilità umane sulla corretta gestione dei percorsi scientifici? Gli stessi dubbi che si possono avere sulla “comunità scientifica” possono essere rivolti alla “comunità storica”, alla “comunità politica, alla “comunità religiosa” e ad ogni comunità costituita da esseri umani che possono “cedere”  ai propri interessi.

Una volta elaborata la differenziazione tra il dubbio sul metodo scientifico e quello sull’essere umano la mia crisi ha trovato una certa risoluzione stimolando la ricerca di una verità diversa da quella ufficialmente presentata. 

Dopo aver elaborato questo concetto, quello che può differenziare il grado di fiducia nella scienza varia a seconda di quanto peso si da alla parte “dell’interesse umano”, e devo dire che la mia esperienza di vita mi ha spesso messo di fronte a molte verità estremamente diverse da come sono state pubblicamente presentate.

Il lettore si chiederà cosa c’entra la fiducia sulla comunità scientifica e l’argomento centrale del libro (la biomeccanica delle emozioni), il titolo piuttosto enigmatico per molti è invece molto chiaro per chi mi conosce da anni ed ha condiviso con me alcuni percorsi. Il mio impegno è quello di far comprendere l’importanza di ciò che fino ad alcuni anni fa si intendeva con prevenzione primaria, salvaguardare la salute prima che questa possa avere degli insulti. Un percorso solo apparentemente semplice perché reso semplicistico da una comunicazione troppo superficiale finalizzata più all’aspetto commerciale che non a quello qualitativo.

A quella prima definizione occorre aggiungere tutta una serie di aspetti che legano la parte corporea, schiava di una visione meccanicistica, quei percorsi descritti in mille maniere e con nomi molto diversi ma che riconducono all’ambito della psicosomatica. 

In questo contesto mi rendo conto di trovarmi nella scomoda posizione di chi sta tra l’incudine ed il martello, da una parte l’ottusità di chi guarda alla scienza in maniera dogmatica con i paraocchi convergenti, dall’altra quella folta schiera che in genere si riconosce nell’ambito della new-age e che troppo spesso rifiuta ogni contatto con la realtà.  Per nessuno di noi è facile accettare il fatto di essere manipolato nei propri pensieri, eppure, se vogliamo essere almeno un po’ più liberi, dobbiamo affrontare un lavoro introspettivo e di confronto critico con la realtà senza il quale è impossibile vedere la luce. Una magnifica metafora ce la offre Platone con l’allegoria della caverna di cui parlerò più avanti nel libro nel capitolo “da fuori si vede meglio”, ma di seguito ne scrivo una sintesi: 

La realtà raccontata attraverso il mito della caverna di Platone.

Quante volte pensiamo di conoscere una cosa e poi ci accorgiamo di aver preso una cantonata! Eppure in molti si credono sicuri di quello che vedono e altrettanto si sentono sicuri di quello che sanno. 

Ma possiamo essere così sicuri che la realtà sia ciò che appare ai nostri occhi?

Già migliaia di anni fa Platone ci invitava saggiamente a fare attenzione su quella che crediamo sia la realtà. Cerchiamo di comprendere meglio questo concetto attraverso la Filosofia; alla domanda posta a Platone su cosa fosse un Filosofo egli rispose che ogni persona di qualunque età che non può fare a meno di farsi domande per scoprire le cose è un Filosofo. Chiunque sia disposto a mettere in discussione le proprie convinzioni per cercare la verità può essere definito quindi un Filosofo, ma questo richiede coraggio sforzo e spesso comporta dolore e confusione. Il filosofo dunque è colui che ha il coraggio di cercare, scoprire e guardare la realtà per quello che è mettendo in discussione tutto e per questo viene spesso deriso e umiliato dagli altri che preferiscono vivere nell’illusione. Purtroppo la folla vuole sentirsi dire solo ciò che già crede di sapere e teme la verità perché osservarla metterebbe in discussione tutto ciò in cui ha sempre creduto.

Platone, nel settimo libro della Repubblica, ci invita a fare attenzione su quella che crediamo sia la realtà. E lo fa con la sua allegoria più famosa: Il mito della caverna. 

Egli ci invita ad immaginare degli uomini prigionieri fin da bambini all’interno di una caverna, essi sono seduti incatenati mani e piedi ed hanno la testa bloccata in modo che possano guardare solo nella direzione della parete di fondo. Più indietro alle loro spalle arde un fuoco che proietta la sua luce sulla parete e come su uno schermo cinematografico si evidenziano le ombre dei pupazzi che le guardie muovono spostandosi tra il fuoco e le spalle dei prigionieri.  Dato che i prigionieri sono lì da quando sono nati, questa è l’unica realtà che conoscono e in cui credono. Per questo motivo essi danno un nome ad ogni tipo di ombra, cavallo, uomo, lancia, anche se in realtà quello che vedono sono ombre, ombre dei pupazzi che le guardie muovono dietro di loro. Per quanto possa sembrare assurdo essi credono reali le immagini di ombre che non sono nemmeno ombre di cose reali ma ombre di pupazzi!

Un giorno uno degli schiavi riesce a liberarsi o forse, non si capisce perché, viene liberato, uscendo dalla grotta la luce a cui non è abituato lo obbliga ad abbassare lo sguardo verso il suolo dove ogni cosa reale proietta la propria ombra. Ma i suoi occhi si abituano alla luce e adesso egli oltre alle ombre può vedere le cose reali. Una volta superato lo stupore e compresa la nuova realtà il suo desiderio è quello di condividere la sua scoperta con i suoi amici ancora bloccati nella caverna. Tornando dentro fa di nuovo fatica ad abituarsi alla penombra, il suo racconto appare assurdo ai suoi compagni che iniziano a deriderlo e lo scambiano per un pazzo che non vede più la realtà, quell’unica realtà che loro conoscono. Egli non è più gradito e viene cacciato, se non fossero stati incatenati lo avrebbero ucciso.

Con questa allegoria Platone ci insegna una verità inquietante su colui che    riesca ad acquisire la verità dietro alle ombre, perché divenendo consapevole della realtà egli possa essere preso dal preso dal desiderio di  liberare gli altri condividendo ciò che ha capito. Purtroppo gli altri non vogliono essere liberati, anzi desiderano allontanare chiunque turbi il quotidiano tran tran, disposti a condannare chiunque minacci la loro zona confort.

Purtroppo per noi viviamo nella nostra caverna a forma di salotto seduti nella nostra poltrona lasciando fuori la realtà e affidandoci alla vista delle ombre schiacciando il pulsante del telecomando

Occorre guardare, almeno per sommi capi, la differenza tra la storia “ufficiale” che ci viene raccontata nei libri di scuola e quella che alcuni storici sono riusciti a ricostruire attraverso documenti e ricerche meticolose. La vera storia infatti ci dimostra come una ristretta élite, supportata dai media (che possiede e controlla), attraverso i suoi uomini infiltrati nelle Istituzioni abbia deciso la vera storia del mondo. In particolare, per quanto ci riguarda, attraverso un’attenta lettura dei fatti, vediamo come la storia d’Italia sia legata ad un disegno più grande che collega il nostro risorgimento, diretto da altri potenti stranieri, con la  storia europea fino all’analisi del falso racconto dell’attuale guerra in Ucraina.

In una delle presentazioni che Diego Fusaro fa all’opera di Lamberto Rimondini (L’altra storia d’Italia) scrive: 

Rimondini fa sua la nota riflessione marxiana, secondo cui la storia è sempre storia di lotte di classe: storia degli interessi delle élites dominanti, che li impongono, non di rado con metodi niente affatto idilliaci, all’intera società.
Il sistema mediatico – ha ragione Rimondini – è, nel suo complesso, l’articolato dispositivo fintamente polifonico che deve sempre di nuovo ribadire il punto di vista dei dominanti, facendo sì che esso possa imporsi anche ai dominati
e assumere lo statuto di punto di vista generale.
Nuotando contro le onde della storia, come avrebbe detto Nietzsche, il nostro autore prova a ricostruire la conflittualità tra dominanti e dominati – ora aperta, ora latente – lungo il piano del suo sviluppo storico, nei suoi momenti fondamentali e nelle sue figure principali».

Come per la storia e per la geopolitica, occorre fare un percorso a ritroso per farsi un’idea sulla storia della Medicina e i legami con la scienza moderna.

Questi percorsi vanno affrontati con la mente libera da pregiudizi e da condizionamenti, che non potranno essere superati se prima non viene svolto il lavoro a cui ho poco sopra accennato, per questo motivo mi sono permesso di scrivere due importanti capitoli, che non ritengo certo esaustivi, riguardo al funzionamento del cervello e alla scienza della manipolazione.

La genetica è stata fino a pochi anni fa il punto di riferimento indiscutibile secondo cui sia i nostri tratti somatici che il nostro comportamento fossero predeterminati. Da qualche anno l’epigenetica ha iniziato a modificare il pensiero assolutista della genetica, l’influenza dell’ambiente e delle esperienze sono infatti determinanti. Molte ricerche concordano sul ruolo che rivestono sia l’apprendimento che le interazioni sociali, determinando effetti visibili a livello cerebrale. La capacità di apprendimento del cervello umano è strettamente collegata sia alle emozioni, alla vista, all’udito, all’olfatto, che alle varie esperienze, come appurato da studi con speciali risonanze magnetiche. L’insieme di questi stimoli determinano il cambiamento morfologico del cervello, i collegamenti neuronali fioriscono, muoiono e si riconfigurano costantemente. In altri termini, il nostro cervello cambia continuamente adattandosi alle esperienze e all’ambiente. Quindi anche in età adulta si mantiene la capacità del sistema nervoso di modificare i propri circuiti, sia dal punto di vista strutturale che funzionale, in funzione dell’esperienza, al fine di apprendere informazioni sull’ambiente oppure, nel caso di danni cerebrali, per ripararli. Purtroppo per noi queste conoscenze vengono sapientemente utilizzate da coloro che detengono il potere al fine di influenzare le decisioni e i comportamenti dei popoli in modo efficacemente convincente. 

Questo approccio cattura l’attenzione, crea un legame emotivo e spinge il pubblico a compiere azioni specifiche combinando psicologia, neuroscienze e strategie di neurocomunicazione. Per quanto risulti difficile credere alla reale efficacia di questi metodi, la comunicazione persuasiva è un approccio scientifico e altamente funzionale che si basa sulla comprensione delle risposte del cervello umano a stimoli e messaggi specifici.

A tutti noi piace pensare di saper scegliere secondo una logica razionale, ma in realtà il primo impulso che determina una scelta è di tipo emotivo e solo in seconda battuta giunge la risposta razionale, quest’ultima molto spesso ha più una funzione di razionalizzazione dei motivi della scelta che non il contrario. 

La comunicazione persuasiva utilizza i bisogni di sicurezza, appartenenza, riconoscimento, autonomia e realizzazione perché è scientificamente provato che queste determinano la maggior parte delle scelte del pubblico.

Di nuovo un lettore poco attento può chiedersi cosa lega tutto questo lavoro agli aspetti psicosomatici tra postura e prevenzione primaria. Certamente chi resta schiavo del pensiero dominante, su cui poggia le proprie basi la moderna visione sulla salute, non troverà utili chiavi di lettura se non la speranza che un piccolo dubbio possa in seguito stimolare una piccola apertura. Per coloro che hanno invece già una mente aperta e sono capaci di mettere in discussione le proprie certezze, o comunque hanno sviluppato quel sufficiente senso critico per cui accettano almeno il beneficio del dubbio, la lettura dei vari paragrafi potrà essere di stimolo a comprendere meglio come gestire la propria salute.

La copertina del libro mostra l’immagine di un’opera d’arte che rappresenta una donna seduta a terra in posizione raccolta concentrata sulle sue emozioni, in trasparenza degli ingranaggi (visione meccanicistica) collegano i suoi pensieri al corpo. In basso le scritte giapponesi da sinistra a destra si riferiscono all’utilità del rapporto con l’ambiente naturale attraverso lo Shinrin-Yoku (bagno nella foresta) da noi pubblicizzato con il termine ormai inflazionato di forest bathing, ma che comunque indica l’importanza della riconnessione alla natura attraverso cui ritrovare gli equilibri necessari al mantenimento della salute; la seconda scritta l’Hibaku Jumoku (albero bombardato dalla bomba atomica) si riferisce a come la vita sappia superare anche le sfide più estreme, infatti dalla radice di una pianta a poca distanza dall’esplosione dell’atomica è nato un nuovo albero, l’hibaku jumoku più vicino all’epicentro dello scoppio di Hiroshima è stato un salice piangente che ad oggi è ancora in vita; il terzo  ideogramma, l’Inochi no ki o il rito dell’albero della vita ci introduce al concetto di caducità della vita (fragilità, fugacità, fuggevolezza, instabilità, labilità, precarietà, provvisorietà, temporaneità, transitorietà) a cui si contrappongono (durevolezza, eternità, immortalità, immutabilità, permanenza, persistenza, saldezza, stabilità). L’odierna cultura occidentale ha preferito spostare l’attenzione sul secondo gruppo dei termini, dimenticando così che la vita per quanto breve può essere bellissima. L’antica cultura giapponese ha dato vita ad un termine “mono no aware” che significa partecipazione emotiva alla bellezza della natura e della vita umana. Il meraviglioso momento della fioritura dei ciliegi, o quello dei glicini, per quanto breve resta un evento meraviglioso che non deve essere perso solo per la preoccupazione della sua brevità. In un parco giapponese un glicine di ben oltre 140 anni rappresenta l’icona della bellezza coniugata alla longevità; il quarto ideogramma “Kintsugi” si riferisce alla complessa arte di riparare le ceramiche con la polvere d’oro, il suo significato metaforico fa riferimento, soprattutto nell’attuale società in cui l’immagine riveste un ruolo primario, al desiderio di nascondere le nostre imperfezioni fisiche e le nostre fragilità. L’arte del Kintsugi rende più preziose e particolari le ceramiche riparate, allo stesso modo dovremmo imparare che  è proprio il superamento e l’accettazione delle nostre fragilità, delle nostre imperfezioni a renderci unici e soprattutto autentici. Vivere nella nostra autenticità è un bene estremamente prezioso perché ci rende consapevoli delle nostre scelte di vita. Il Kintsugi è quindi una metafora che ci insegna a rendere una forza le nostre fragilità perché sono l’occasione per ricollegarsi al nostro io più profondo. Il quinto ed ultimo ideogramma riassume tutti gli altri, “Ikigai” il cui significato letterale è “il valore della vita”.  Perché ci chiediamo se la vita ha un senso? Perché non siamo in grado di accettare la bellezza della vita e accettarla per come la natura ce l’ha donata? 

Perché ci chiediamo se la vita ha un senso? Perché non siamo in grado di accettare la bellezza della vita e accettarla per come la natura ce l’ha donata? Come scrive Baruch Spinoza niente è affidato al caso né al capriccio di divinità cui affidarsi in preghiera con timore e speranza; l’uomo può contare sulla stabilità dell’ordine delle cose e su se stesso. Per Spinoza il mondo non può essere antropocentrico, all’attuale epoca geologica è stato assegnato il nome “antropocene”, ma questo significa solo che l’incapacità dell’uomo di un utilizzo equilibrato della propria intelligenza sta distruggendo il mondo in cui lui stesso deve vivere. Spinoza auspica un umanesimo senza arroganza in cui l’uomo possa comprendere di non essere al centro dell’universo, ma solo di farne parte. La comprensione di essere parte di un mondo, di una natura meravigliosa, può permettere all’uomo di vivere una realtà propria e felice. Come molti altri autori anche Spinoza è convinto che la conoscenza stia alla base della capacità dell’uomo di costruire un mondo solidale, giusto e felice.

Osho può non godere della stima di molti ma  il “The Sunday Times” di Londra lo ha descritto come uno dei “1000 uomini che hanno fatto il XX secolo”.

Io trovo in quel poco che conosco delle sue idee una sorta di amalgama tra il Dott. Sigmund Freud ed il Filosofo Baruch Spinoza.

Egli dice che la vita ha un senso quando è vissuta con gioia e non crede che la essa sia un mezzo per raggiungere un fine diverso da quello di vivere serenamente la vita stessa. Siamo al mondo per godere la vita in tutta la sua pienezza, e l’unico modo per vivere, amare, godersi la vita, è dimenticare il futuro. Il futuro non esiste. La vita è un pellegrinaggio verso il nulla: da nessun luogo a nessun luogo. E in mezzo a questi due non-luoghi esiste il “qui e ora.” Dalle sue stesse parole: “Io non appartengo ad alcuna nazione, a nessuna religione, a nessun partito politico. Sono un semplice individuo, nel modo in cui l’esistenza mi ha creato. […] Per questo i miei occhi sono liberi da veli e io posso vedere con chiarezza”. 

Di seguito alcune delle sue frasi più significative:

  1. Le persone continuano a lasciarsi sfuggire l’ovvio, le persone continuano a non vedere ciò che è semplice, poiché pensano che la verità debba essere molto complessa.
  2. Ci sentiamo infelici perché viviamo troppo nell’idea del sé. […] Essere nel sé significa che si è separati dall’esistenza, che ci si è messi da parte. Essere nel sé significa diventare un’isola; significa disegnare una linea di confine tutto intorno a te.
  3. La vera prova è la vita; se sei davvero in pace, devi riuscire a esserlo anche nella piazza del mercato, perché quello è il vero banco di prova della tua pace! Io non sono per il ritiro dal mondo, io sono a favore della trasformazione; io non sono per la rinuncia, ma per l’affermazione della vita: vivi la tua esistenza nel modo più totale possibile!
  4. È soltanto dal caos che nascono le stelle, è soltanto dal caos che nasce il creato; il caos è un altro aspetto della stessa energia. Il caos è potenziale creativo.
  5. Diventa consapevole, risvegliati! Allora vedrai che ogni cosa va e viene, la vita è un flusso. La tua consapevolezza è l’unica cosa che permane immobile ed eterna. Raggiungerla è libertà. Conseguirla è lo scopo della vita.
  6. Tutto è energia sessuale che si trasforma, poiché è la sola energia che hai a disposizione. Qualunque cosa tu faccia – dallo scrivere poesie al dipingere, dallo scolpire al danzare, al cantare – tutto è in un modo o in un altro la trasformazione, la trasmutazione dell’energia sessuale.
  7. L’amore ti rende un ribelle, un rivoluzionario. L’amore ti dà ali per volare alto nel cielo. L’amore ti dà intuizioni per scrutare in ciò che accade, ragion per cui nessuno ti può ingannare, sfruttare, opprimere.
  8. Sognare è molto importante: ti fa assaggiare la libertà. Se non fosse così, impazziresti. Il mondo ti rende uno schiavo e sognare ti rende nuovamente libero: puoi volare nel cielo, puoi andare sulla luna, puoi fare qualunque cosa vuoi; nessuno può impedirtelo. La tua libertà è completa, la tua libertà è assoluta, non ci sono limitazioni di sorta; ecco perché sognare è così importante: ti fa restare sano. Se a una persona si impedisce di sognare, impazzisce nell’arco di tre settimane.
  9. L’uomo non è ciò che può essere, è solo un inizio, e la fine resta ignota. L’uomo non viene al mondo con un programma, non nasce fatto e finito: nasce in quanto assoluta libertà. Se non inizi a scoprire, a creare, a inventare, se non inizi a operare per dare forma al tuo essere, rimarrai una semplice esistenza priva di un’essenza.
  10. A meno che tu non conosca qualcosa che non possa essere venduto e non possa essere comprato, a meno che tu non conosca qualcosa che vada oltre il denaro, non potrai conoscere la vera vita.
  11. La vera domanda non è se esiste la vita dopo la morte. La vera domanda è se hai vissuto prima della morte.
  12. Un uomo che continua a dire NO, diventerà sempre più triste e depresso; la vita non busserà più alla sua porta.
  13. Vivi senza aspettative. Affrontare la vita con aspettative porta inevitabilmente alla frustrazione, sempre e comunque.
  14. Quando sei felice danza, canta, balla – sii felice!
  15. Nessuno nasce per qualcun altro e nessuno esiste per realizzare gli ideali di qualcun altro.
  16. Ogni tanto tenta di vivere e basta… Vivi semplicemente.
  17. Vivi il più intensamente possibile! Brucia la tua candela della vita da entrambi i lati!
  18. Cammina, mangia, ascolta in modo rilassato. Rallenta ogni operazione.
  19. Non hai più tempo per decidere se percorrere o no la strada che ti trovi davanti. Devi buttarti, proprio adesso, è la strada stessa a chiedertelo.
  20. La vita è gioia e delizia infinita.
  21. Accetta ciò che sei, amalo, celebralo, e proprio in quella celebrazione inizierai a vedere l’unicità degli altri, l’incomparabile bellezza di ogni essere umano.
  22. Nella vita l’amore è il valore più elevato. Non dovrebbe essere ridotto a stupidi rituali.
  23. La vita non è un viaggio. Non è una meta. È un processo.
  24. È tempo che tu smetta di cercare fuori di te, tutto quello che a tuo avviso potrebbe renderti felice. Guarda in te, torna a casa.
  25. In amore non essere un mendicante, sii un imperatore.
  26. Rispetta le tue aspirazioni più profonde. Rispettare le tue aspirazioni più profonde, vuol dire rispettare la voce di Dio che è dentro di te.
  27. In una società migliore, formata da persone più comprensive, nessuno vorrà cambiarti. Tutti ti aiuteranno ad essere te stesso perché essere te stesso è la cosa più preziosa al mondo.
  28. Non cercare di capire la vita, vivila! Non cercare di capire l’amore, entraci! Allora saprai, e quella conoscenza sarà frutto del tuo sperimentare.
  29. Il paradiso è qui – devi solo sapere come viverlo. E anche l’inferno è qui – e sai perfettamente come viverlo. È solo questione di cambiare la tua prospettiva, il tuo approccio alla vita.
  30. In una società migliore, formata da persone più comprensive, nessuno vorrà cambiarti. Tutti ti aiuteranno ad essere te stesso perché essere te stesso è la cosa più preziosa al mondo.
  31. Anche se hai immaginato di essere indipendente, di recente puoi avere scoperto di esserlo meno di quanto pensavi. Questo brusco risveglio è l’inizio del tuo viaggio fuori dal gregge e dentro la piena dignità della tua essenza individuale. Ricorda te stesso.
  32. La morte non è la fine, bensì il crescendo della vita stessa, il suo culmine… Se hai vissuto nel modo giusto, se hai vissuto totalmente, attimo dopo attimo, se hai spremuto tutto il nettare della vita, la tua morte sarà l’orgasmo supremo.
  33. L’uomo che vive del tutto privo di scopi, l’uomo che vive come se la sua vita fosse una passeggiata mattutina, senza una meta, quell’uomo è spirituale, la sua vita è sacra.
  34. Non c’è bisogno di correre. Non importa cosa succede intorno a te, mantieni un passo pacato che ti permetta di rimanere in sintonia con la brezza gentile della meditazione. E appena te ne dimentichi, ritorna in quello spazio, semplicemente e senza sentirti in colpa. Sii la quiete nella tempesta.
  35. Ricorda solo una cosa: tutto ciò che senti essere bello, è bello, e tutto ciò che ti rende felice, lieto, è la verità. Lascia che questo sia il tuo unico criterio. Non preoccuparti delle opinioni degli altri. Lascia che questa sia la tua pietra di paragone – tutto ciò che ti fa felice, dev’essere vero.
  36. Un po’ di follia, quel tanto che basta per godersi la vita, e un po’ di saggezza per evitare gli errori: questo basta.
  37. Assumiti la completa responsabilità della tua vita. Nessun altro può farlo.
  38. Scivola fuori dal passato, non gli permettere più di interferire, perché vivere attraverso il passato significa vivere una vita morta. Il passato è morto.
  39. Sono contrario a ogni tipo di abitudine, non importa se buona o cattiva. Non esistono buone abitudini in quanto tali e non esistono cattive abitudini: sono tutte cattive perché “abitudine” significa che qualcosa di inconscio è diventato un fattore dominante nella tua vita, è diventato decisivo.
  40. Nella vita, crescere significa scendere in profondità dentro te stesso… lì è dove sono le tue radici.
  41. Sperimenta la vita in ogni modo possibile: buono-cattivo, amaro-dolce, buio-luce, estate-inverno. Sperimenta tutte le dualità. Non temere l’esperienza, perché più esperienze fai, più maturo diventi.
  42. La vita in sé è una tela vuota e può diventare qualunque cosa scegli di ritrarci. Puoi dipingerci l’infelicità e puoi dipingerci la felicità. Questa libertà è la tua gloria.
  43. Nella vita non puoi ottenere niente senza pagarne il prezzo, e ottieni solo quel tanto per cui sei disposto a pagare. Quando sarai pronto a pagare con la tua vita, otterrai in cambio la vita eterna.
  44. Considera la vita una splendida barzelletta. Non c’è nulla da prendere sul serio.
  45. Esiste una sottile paura della libertà, per cui tutti vogliono essere schiavi. Tutti, naturalmente, parlano della libertà, ma nessuno ha il coraggio di essere davvero libero, perché quando sei davvero libero, sei solo. E solo se hai il coraggio di essere solo, puoi essere libero.
  46. Ricorda non sei solo nella ricerca della verità, anche la verità sta cercando te.
  47. Tutti cercano la sicurezza, e proprio per questo si lasciano sfuggire la vita. Più sei sicuro, più sei morto. La vita è pericolo. Dunque esiste un solo tipo di vita: vivi pericolosamente. Rischia sempre tutto: il prossimo istante non è certo, perché preoccuparsene? Vivi pericolosamente e con gioia. Vivi senza paura e senso di colpa. Vivi!
  48. La vita è un mistero che deve essere vissuto, non un problema da risolvere.
  49. Cerca di trovare la tua individualità, la tua integrità e prova a non scendere a compromessi. Più scendi a compromessi, meno sei un individuo.
  50. La vita è un dono meraviglioso, cerca di viverla intensamente senza sciuparne neppure un attimo. Solo allora capirai il gusto di ogni tua azione, bella o brutta che sia!
  51. Non hai più tempo per decidere se percorrere o no la strada che ti trovi davanti. Devi buttarti, proprio adesso, è la strada stessa a chiedertelo.
  52. Guarda certe persone: sono infelici perché hanno fatto compromessi su ogni punto, e non possono perdonarsi di aver fatto quei compromessi. Sanno che avrebbero potuto osare di più, e invece hanno dimostrato di essere dei vigliacchi. Hanno perso valore ai loro stessi occhi, hanno perso il rispetto di se stessi. Ecco cosa fa il compromesso.
  53. Se pensi alla strada che devi percorrere ti trovi tremendamente a disagio e la vita diventa troppo complicata. Se smetti di pensare e cominci invece a camminare, il tuo fardello si alleggerisce e inizi a intuire il tuo percorso, a scoprire una tua “visione”.
  54. Porta lentamente allo scoperto tutto quello che si nasconde nelle profondità. Alcune cose sono spazzatura e devi liberartene. Altre sono perle di saggezza e devi apprezzarle in tutto il loro splendore. Dietro la tua maschera si nasconde tutto ciò che è represso; e sotto c’è la bellezza della tua vera essenza. Raggiungila.
  55. Questo è l’unico istante che hai.
  56. Meditare significa diventare più vigile, più presente, più brillante, più luminoso; significa diventare più saggio. Ovunque constati che la tua intelligenza viene resa ottusa, fuggi da quel luogo il più velocemente possibile!
  57. Rispetta la tua unicità e abbandona i paragoni. Rilassati nel tuo essere.
  58. Concedi alla tua natura piena libertà, e rispetta te stesso. Sii fiero di essere te stesso, qualunque cosa tu sia. Abbi dignità.
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